Antonio Albanese a Montebelluna e a Treviso per il film sulle banche popolari. In sala anche i truffati

NORDEST > TREVISO

Giovedì 23 Novembre 2023 di Laura Bon

MONTEBELLUNA (TREVISO) – Un piccolo risparmiatore. La truffa da parte di una banca. È il tema di Cento domeniche, l’ultimo film di Antonio Albanese, che esce oggi e che sabato alle 16 sarà proiettato al cinema Italia Eden a Montebelluna. Dopo la proiezione, attorno alle 17.30, l’autore incontrerà il pubblico in sala, prima di approdare alle 19.30 al cinema Edera di Treviso. Non è un caso che, per la prima presentazione nella Marca sia stata scelta Montebelluna. Perché la città e i suoi abitanti, ma anche quanti risiedono nel comprensorio montebellunese, possono più che mai immedesimarsi nel dolore di chi ha vissuto quello che è stato, per i più, un tradimento. La “fine” della banca del territorio. E alla proiezione interverranno anche rappresentanti degli azionisti travolti dal crac di Veneto Banca.


IL COMITATO
«Una delegazione del nostro gruppo sarà fra il pubblico – dice Andrea Arman, presidente del Comitato Don Torta – e se ci permettono partecipiamo volentieri al dibattito. Abbiamo visto il trailer del film, che sembra trattare un argomento importante con sensibilità». Ma soprattutto, in modo vicino a quelli che sono stati i problemi e in qualche caso le tragedie legate al fallimento dell’istituto di credito che aveva il suo cuore a Montebelluna. Per il quale ora i risparmiatori attendono un ulteriore risarcimento dal Fir. «Qualcuno assicurava che il 10% in più promesso sarebbe arrivato fra il 13 e il 20 novembre – dice ancora Arman – Credo invece che con i tempi della burocrazia italiana dovremo attendere fra dicembre e gennaio. Ovviamente l’arrivo della cifra è una buona notizia, posto che su 500 milioni ce ne hanno presi 250».


LA PELLICOLA
Il quinto film di Albanese da regista è stato girato a Lecco, dove è nato e cresciuto; protagonista un operaio derubato di tutti i risparmi, tornitore come è stato Albanese per sette anni, prima di cambiare vita: «Sono stato fortunato ma non dimentico da dove arrivo – ha detto il regista – La provincia è il mondo della semplicità, dei sogni senza pretese. Un mondo dove le relazioni contano più dei social». Una situazione in parte sovrapponibile a quella di Montebelluna, dove però fra i truffati ci sono non solo operai, ma anche molti piccoli imprenditori. «Io volevo raccontare la gente normale – dice Albanese – che continua a tenere in piedi questo paese. Non volevo fare un film di denuncia sul sistema bancario ma raccontare la vigliaccheria di alcuni individui e l’ingiustizia che si abbatte su un uomo perbene». Appunto.

Crac delle popolari venete: «Rischio prescrizione? Per velocizzare i processi magistrati specializzati»

di Martina Zambon

Tempi lunghi e incertezze per le vicende giudiziarie che coinvolgono i risparmiatori. L’ex presidente del tribunale di Treviso: «Subito la riforma».

Ex Popolari, i grandi processi che si fanno sempre più piccoli tra pene ridotte e udienze inutili
Da sinistra, Vincenzo Consoli e Gianni Zonin

Cosa resta dei grandi processi alle popolari venete i cui crac hanno lasciato sul lastrico mezzo Veneto? Poco fra pene ridotte e la spada di Damocle della prescrizione legata a tempi troppo lunghi. La domanda successiva è: di chi è la colpa se le travagliate vicende giudiziarie che coinvolgono i risparmiatori veneti stanno andando così? Il senatore vicentino di Forza Italia, l’avvocato Pierantonio Zanettin, invita ad allargare lo sguardo oltre i confini regionali «basta vedere come stanno andando i processi su Banca Etruria e, soprattutto, Monte Paschi con tante assoluzioni». Ma l’ex presidente del tribunale di Treviso, Giovanni Schiavon, già presidente anche dell’Associazione azionisti Veneto Banca, amplia ulteriormente il perimetro del dibattito: «Intendo la giustizia come servizio e un servizio deve essere efficiente. Bene, perché la giustizia sia efficiente non si può rinviare un serio dibattito sulla specializzazione dei magistrati. Sono un sostenitore accanito della estrema specializzazione dei magistrati perché uno Stato civile non può permettersi magistrati che passano da un settore all’altro pena la “fragilità delle opinioni” che si possono creare».

La Cassazione intasata di ricorsi

Di fatto, l’unico «pool di magistratura finanziaria» è quello di Milano, è il leit motiv che si sente più di frequente. Nelle pieghe di una materia tanto articolata, si annida inevitabilmente il cavillo, quello adatto ad allungare ulteriormente i tempi. «Tutti finiscono in Cassazione per allungare i tempi, – dice Schiavon – tanto che la Cassazione è oberata da un numero indescrivibile di ricorsi, non c’è in Europa un sistema che ne produca tanti. Ecco perché anche i primi due gradi di giudizio finiscono con l’essere pesanti. Una dinamica che si lega al delicato tema della prescrizione. Quella che può essere una garanzia per le parti lese paradossalmente rischia di annullarsi. Una soluzione va trovata per velocizzare i tempi. E non ci può essere giustizia veloce senza specializzazioni, l’avvocatura ha già fatto questo passo avanti». Quanto al merito, Schiavon ricorda il via vai dei fascicoli fra Treviso e Roma «io mi sono opposto fin da subito, è stato un errore intellettuale, la competenza territoriale non è negoziabile. E questo ha ritardato le indagini e la soluzione sotto il profilo giuridico dell’ intricata vicenda».

Maschio (FdI): «Serve più efficienza»

Sulla questione interviene anche il veronese Ciro Maschio (FdI), presidente della Commissione Giustizia alla Camera: «Da cittadino, da veneto, da politico, anch’io sono arrabbiato per il rischio che alcuni processi non arrivino a sentenza in tempo e si neghi giustizia alle migliaia di risparmiatori ridotti sul lastrico, nel merito e nel dettaglio non ho visto i fascicoli processuali non sono in grado di dire se la durata dei processi è stata irragionevole ma non c’è dubbio che, per il futuro, si deve agire per una progressiva e maggiore efficienza della giustizia e per una durata più breve dei processi secondo le indicazioni del Pnrr». Velocizzazione a parte, la ricetta di Maschio è: «Si può ragionare su alcune tipologie di reati di truffa di un ulteriore aumento delle pene che abbia una ricaduta anche sulla durata della prescrizione che, pure, deve avere un termine. Nel caso delle popolari venete, bisogna indagare perché alcuni di questi processi siano andati più lunghi del previsto».

https://corrieredelveneto.corriere.it/notizie/treviso/cronaca/23_novembre_14/crac-delle-popolari-venete-rischio-prescrizione-per-velocizzare-i-processi-magistrati-specializzati-20b5c6b9-2068-4e19-b7ba-2ba789dc0xlk.shtml

Ex Popolari venete, i grandi processi che si fanno sempre più piccoli tra pene ridotte e udienze inutili

di Alessandro Zuin

Veneto Banca e Bpvi, cosa è rimasto con la scure delle prescrizioni. Il punto della situazione

Vincenzo Consoli, ex ad di Veneto Banca, e Gianni Zonin, ex presidente di

D’accordo che nessuno può essere considerato colpevole fino a una sentenza definitiva, però avere la prescrizione che gioca nel proprio campo è oggettivamente un bel vantaggio di partenza. La storia delle intricate vicende giudiziarie susseguitesi al crac delle ex Popolari veneteBpvi Veneto Banca, ci lascia per l’appunto questa lezione: più della fondatezza delle accuse mosse dalle Procure di Vicenza e Treviso a coloro che ricoprivano ruoli di primo piano nella gestione delle due banche, fin qui ha contato lo scorrere inesorabile del tempo a favore dei vari imputati.
Volete alcuni esempi? Eccoli, risalendo dal più recente a quelli precedenti. Veneto Banca: nei giorni scorsi è stata celebrata la prima udienza del processo per le presunte truffe commesse nella vendita delle azioni dell’istituto di credito montebellunese (imputati l’ex ad Vincenzo Consoli con i manager Mosè Fagiani e Renato Merlo), durante la quale si è appreso che, il 14 dicembre prossimo, il procedimento verrà inevitabilmente chiuso per prescrizione del reato.

Veneto Banca e la falce della prescrizione

Un processo nato morto, come tutti gli attori in causa sapevano fin dall’inizio. Questo esito, per quanto scontato, ha suscitato la vibrante indignazione del presidente del consiglio regionale veneto, Roberto Ciambetti: «Indegno di una nazione civile: la prescrizione sulla truffa delle azioni al processo di Veneto Banca segna una sconfitta inaccettabile dello Stato di diritto». Ancora Veneto Banca: dell’inchiesta-madre, quella contro il solo Vincenzo Consoli, è rimasta a oggi una condanna in Appello a 3 anni e con la revoca di tutte le confische, poiché nel tempo trascorso tra il primo (concluso con una sentenza di colpevolezza per 4 anni di pena) e secondo grado di giudizio, sono cadute per la solita prescrizione le imputazioni di aggiotaggio falso in prospetto, rimanendo in vita soltanto quella per ostacolo alla vigilanza.

Vicenza, confische revocate

Passiamo a Vicenza. Qui un’inchiesta per truffa non l’hanno nemmeno iniziata, sapendo di andare a sbattere contro il muro del tempo. Ma la falce della prescrizione, anche in questo caso, è passata implacabile sulle condanne comminate in primo grado nel processo-madre, dimezzandole letteralmente in Appello (e le confische dei beni sono state revocate): l’ex presidente Gianni Zonin, giudicato responsabile del reato di ostacolo alla vigilanza, è sceso così da 6 anni e mezzo a 3 anni e 11 mesi, così come gli ex vicedirettori Andrea Piazzetta e Massimiliano Pellegrini; l’altro ex vicedirettore, Emanuele Giustini (autore di un memoriale in cui riconosceva le proprie responsabilità nella mala gestio della banca) ha visto la condanna ridursi a 2 anni e 7 mesi.

L’attesa della Cassazione

Ora si attende, come anche per Consoli, il pronunciamento definitivo della Corte di Cassazione, davanti alla quale si aprirà la discussione del ricorso proprio il fatidico 14 dicembre. Sempre a Vicenza, è un passo più indietro il procedimento parallelo contro l’ex direttore generale Samuele Sorato, giudicato a parte e dopo i suoi colleghi a causa delle precarie condizioni di salute: per lui, in primo grado è arrivata la condanna più pesante di tutte, 7 anni di reclusione e confisca dei beni fino a 963mila euro. Ma, anche nel caso dell’ex top manager di Bpvi, il tempo gioca a favore.

Le speranze dei risparmiatori

Le residue speranze delle migliaia di risparmiatori che si erano costituiti parte civile nei vari processi rimangono appese adesso all’ulteriore filone di inchiesta per bancarotta, reato che ha il pregio, rispetto a tutti gli altri capi d’accusa via via contestati, di prescriversi più lentamente. Entrambe le Procure di Treviso e Vicenza hanno coltivato questa ipotesi accusatoria, ancora in uno stadio preliminare. L’inchiesta trevigiana, comunque, è già arrivata a conclusione nei confronti di Vicenzo Consoli e altri 11 indagati tra manager ed ex amministratori di Veneto Banca, con riferimenti molto precisi a numerosi episodi di dissipazione delle risorse della Popolare montebellunese. Per i più ottimisti, inoltre, sempre nel filone Veneto Banca ci sarebbe anche il processo contro la società di revisione Pwc, che si svolge però a Roma: qui le accuse sono di ostacolo alle attività di vigilanza e falsità nelle relazioni di revisione, ma quest’ultimo reato, indovinate un po’, di fatto è già prescritto.

Lo Stato «tappa» i buchi fatti dal privato

All’atto pratico, per la sterminata platea di quanti ci hanno rimesso in parte o in toto i risparmi di una vita, bisogna ammettere un dato di fatto: gli unici, e sono più di 140 mila, che finora hanno recuperato qualcosa (il 30% più un ulteriore 10% a partire da lunedì prossimo, con un massimale di 100mila euro), sono stati gli ex azionisti che hanno percorso la strada dei rimborsi erogati dal Fir, il Fondo di indennizzo messo in piedi dal governo. Morale: le banche private hanno dissipato e la mano pubblica risarcisce.